Poesie

 

Strade parallele

(Un cane per amico)

Lo stesso cielo veglia su di noi
tra cassonetti sporchi e arrugginiti,
il bisogno ci lega e ci accomuna…
vittime alla pari dell’umana cattiveria!

Randagio sei tu… emarginato sono io,
tra i vicoli fatiscenti della metropoli,
guardiani da sempre del grande segreto
che unisce e disunisce l’umano mondo.

Noi… poveri esseri a quattro zampe?!
E sì… poiché alla mercede d’individui
che i piedi usano per decidere ed agire,
senza l’obbligo della museruola!...

Abbandonati alla stessa mala sorte,
la sfidiamo ogni notte… per vedere
se ancora esiste uno sguardo d’amore,
da raccogliere in una giornata di sole!

 Paolo Visconti
(All’associazione Carmine Longo – Movimento “U.N.A.” Uomo Natura Animali)


   
Il cavallo
Io non sono il cavallo
di Caracalla come Benvolio crede;
non corro il derby, non mi cibo di erbe,
non fui uomo di corsa ma neppure
di trotto. Tentai di essere
un uomo e già era troppo
per me (e per lui).

L'anguilla
L'anguilla, la sirena
dei mari freddi che lascia il Baltico
per giungere ai nostri mari,
ai nostri estuarî, ai fiumi
che risale in profondo, sotto la piena avversa,
di ramo in ramo e poi
di capello in capello, assottigliati,
sempre più addentro, sempre più nel cuore
del macigno, filtrando
tra gorielli di melma finché un giorno
una luce scoccata dai castagni
ne accende il guizzo in pozze d'acquamorta,
nei fossi che declinano
dai balzi d'Appennino alla Romagna;
l'anguilla, torcia, frusta,
freccia d'Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione;
l'anima verde che cerca
vita là dove solo
morde l'arsura e la desolazione,
la scintilla che dicembre tutto comincia quando tutto pare
incarbonirsi, bronco seppellito;
l'iride breve, gemella
di quella che incastonano i tuoi cigli
e fai brillare intatta in mezzo ai figli
dell'uomo, immersi nel tuo fango, puoi tu
non crederla sorella?


Il bove
T'amo, o pio bove; e mite un sentimento
Di vigore e di pace al cor m'infondi,
O che solenne come un monumento
Tu guardi i campi liberi e fecondi.

O che al giogo inchinandoti contento
L'agil opra de l'uom grave secondi:
Ei t'esorta e ti punge, e tu co'l lento
Giro de' pazienti occhi rispondi.

Da la larga narice umida e nera
Fuma il tuo spirito, e come un inno lieto
Il mugghio nel sereno aër si perde;

E del grave occhio glauco entro
l'austera
Dolcezza si rispecchia ampio e quïeto
Il divino del pian silenzio verde.


Canzone dell'amatore di uccelli
L'uccello che vola così dolcemente
L'uccello rosso e tiepido come il sangue
L'uccello così tenero l'uccello beffardo
L'uccello che improvvisamente s'impaurisce
L'uccello che improvvisamente si urta
L'uccello che vorrebbe fuggire
L'uccello solitario e folle
L'uccello che vorrebbe vivere
L'uccello che vorrebbe cantare
L'uccello che vorrebbe gridare
L'uccello rosso e tiepido come il sangue
L'uccello che vola così dolcemente
E' il tuo cuore ragazzo mio
Il tuo cuore che batte le ali tristemente
Contro il tuo petto così duro così bianco.


La fine del corvo

In una notte quasi disincantante,
quando la pioggia cadeva obliquamente,
mi svegliai al parlare
dell'uomo per il quale catturo topi.
Alticcio e non troppo rasato,
in un tono che trovai piuttosto vile,
Poe stava parlando con un corvo
appollaiato sopra la porta della camera.
" Il corvo è molo gustoso," pensai,
mentre zompettavo sul pavimento,
" Non c'è niente che mi piaccia di più"
Dolcemente sul pavimento camminai,
calmo e cauto quando mi diressi
verso l'uccello appollaiato su quel temuto
busto di Pallade che io deploro.
Mentre il cantastorie e l'uccellino chiaccheravano,
mi assicurai che niente tintinnasse,
scricchiolasse, o scattasse, o cadesse, o si sgretolasse,
mentre attraversavo il corridoio;
Poichè la sua casa è colma di gingilli,
curiosità e strane decorazioni -
cianfrusaglie e rottami a bizzeffe.

Eppure il corvo non si agitò
fermo immobile mentre lui parlava,
con una voce che strideva e borbottava,
valeva 2 centesimi- "Non più"
Mentre il cervello dell'uccello ascoltava questo,
oh, io avanzavo così silenzioso,
Quindi mi piegai e velocemente balzai,
atterrando sullo scocciatore piumato.
Presto ci fu una cascata di piume,
e un po' di sangue versato -
Solo questo e non molto più.
" Oooo!" gridò il mio poeta sbronzo,
" Gattino, e' tempo che rinsavisca!
Non mi ero mai rintanato
a parlare con un occello prima;
Come mi sono crogiolato dell'autocommiserazione,
mentre il mio coraggioso, valoroso gattino
mise fine al mio dannato motivetto" -
quindi lo sentii cominciare a russare.
Mi arrampicai in cima alla porta,
guardai la statua che aborro,
saltai- e la fracassai al suolo.


Una poesia del gatto di Edgar Allen Poe